Fame, consapevolezza e qualità. Accompagnate da una costante voglia di migliorarsi con un solo obiettivo in testa: fare risultato giocando. Bene, ovviamente. Un’impronta stilistica, a forte impatto motivazionale, del concetto di scendere in campo per vincere e che è in concreta fase di sviluppo anche all’ombra del Campanile. Con punte di elevata bellezza, a tratti sorprendenti. Come accaduto nell’1-1 di ieri casalingo ottenuto contro la Fiorentina. Il Frosinone di Eusebio Di Francesco è dispensatore assoluto di divertimento. Una dimensione identitaria acquisita con voglia, determinazione e quella necessaria dose di scapigliata disinvoltura, vero tratto distintivo di un gruppo giovane e pieno di talenti. Soulé è uno dei simboli, qualche ore fa ancora tra i più luminosi: ha sciorinato la prova giusta nel giorno giusto, fornendo segnali di importante continuità per il futuro proprio e giallazzurro.
CORAGGIO – Il pari in rimonta del “Benito Stirpe”, del resto, è divenuto soltanto uno dei numerosi casi indicativi della mentalità calcistica impressa ai ciociari dal condottiero abruzzese, nel solco di un’ambiziosa proposta tecnica che sta letteralmente bruciando le tappe. Il Leone dà l’impressione di non smarrire mai la sicurezza interiore di ciò che è e di quanto sia in grado di fare. Un po’ come un pugile che riesce a tenere il centro del ring, senza mai destare l’impressione di finire ko. Certo, nella fattispecie attuale, molte colpe vanno ascritte alla Fiorentina, incapace di concretizzare durante il primo tempo le tante occasioni a rete costruite dopo il vantaggio firmato Nico González. Mazzitelli e compagni, però, hanno avuto il merito di crederci e di restare a galla. Nella ripresa, di fatto, la musica è cambiata. E chissà cosa avrà detto il buon DiFra ai suoi nell’intervallo, perché il modo in cui la squadra è diventata subito padrona del campo è stato impattante. Univocamente al 52% conclusivo di possesso palla, una vera impresa compiuta dinanzi ad una formazione che fa della gestione della sfera un mantra. Automatismi perfetti, sicurezza nella ricerca della verticalità palla a terra, combinazioni strette ricamate a centrocampo per creare superiorità numerica, iniziative personali. Legittimazioni limpide, difficili da non cogliere.
COLLETTIVO E QUALITÀ – Il cammino arduo degli iniziali 45’ va inevitabilmente inquadrato anche assegnando i giusti meriti alla Viola, formazione di qualità indiscutibile. In particolare, la compagine frusinate è andata in tilt sia nel trovare i giusti riferimenti nella fase di non possesso che nel contenere le folate degli esterni rivali. Senza trascurare la fisicità di Nzola e la posizione occupata da Duncan alle spalle di Barrenechea sul lato sinistro della trequarti. La musica, però, poi è cambiata in maniera radicale trovando totale brillantezza in Soulé, il quale è stato il giocatore frusinate che ha toccato il maggior numero di palloni. Ben 75, a dimostrazione di una prova incredibile con quel delizioso mancino che mette d’accordo tutti. Interessante la sua tendenza a venire in mezzo al campo, liberando lo spazio per le avanzate di Oyono. Un’interpretazione di respiro moderno del ruolo di ala offensiva, ulteriore chiave di lettura per inquadrare il modo in cui avviene lo sviluppo della manovra. Lo stesso Barrenechea, partito piano, è poi diventato padrone delle geometrie; Mazzitelli uomo ovunque; il battagliero Cheddira, così come l’estroso Caso. Volti trascinatori di un collettivo che ha saputo tirare dritto, conscio delle sue conoscenze. L’attuale classifica recita ottavo posto a quota 9 punti, un bottino che nessuno avrebbe mai pronosticato ai nastri di partenza. Guai ad esaltarsi, però questo Frosinone fa davvero sognare.